Piu’ sviluppo, piu’ emigrazione?
E’ comprensibile che ci sorprenda vedere gli africani riversarsi in massa in Europa, i latino-americani negli Stati Uniti e gli asiatici del sud-Est nei paesi del Golfo.
Allo stesso tempo, credo sia giusto ricordarsi che, per molto tempo attraverso il colonialismo, e tuttora attraverso la globalizzazione, ci siamo serviti delle loro risorse naturali ed umane per creare il nostro sviluppo.
Cosa sarebbero le societa’ occidentali senza il te’ e il caffe’, il tantalio per i telefonini e i computer portatili, il petrolio per la benzina e la plastica, il gas per il riscaldamento, la cocaina? Senza le badanti nelle case, gli operai a basso costo nelle fabbriche e i raccoglitori nei campi? Senza i viaggi intercontinentali?
Se il nostro benessere dipende cosi’ tanto dal resto del mondo, verrebbe da dire che è arrivato il momento di assumersi la responsabilita’delle conseguenze: l’emigrazione stessa dimostra che gli altri popoli – per l’una o l’altra ragione (e non e’ questa l’occasione di approfondire) – non sempre hanno guadagnato abbastanza dallo scambio. L’alternativa attuale e’ quella di esportare il nostro sviluppo nelle loro terre, in gioco che dovrebbe essere vantaggioso per entrambe le parti.
Lo facciamo, tra altre cose, impiantando catene alberghiere e stabilimenti manifatturieri.