Filippo Dal Fiore

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Etica ed economia: il tradeoff tra quantita’ e qualita’

June 4, 2013 No Comments»
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Etica ed economia: come creare un sistema in cui l’una possa nutrirsi dell’altra? Da qualche tempo ho la fortuna di conoscere da piu’ vicino il mondo delle aziende multinazionali, dedicando piu’ tempo alla questione…

Ho l’impressione che gli attuali mercati globali, iper-competitivi e dominati da imprese ad azionariato diffuso giochino complessivamente a sfavore della qualita’ dell’operato delle aziende. Parto dalla considerazione che le imprese quotate in borsa hanno come principio guida quello di far crescere numericamente il valore delle azioni. Quotandosi in borsa, un’azienda perde la liberta’ di perseguire quello in cui crede e che reputa giusto, per trasformarsi in strumento di massimizzazione del profitto per la collettivita’ degli azionisti. Nonostante il suo potenziale sia valutato anche attraverso proiezioni di sostenibilita’ a tutti i livelli, quello che piu’ conta ad oggi e’ produrre report trimestrali con numeri in crescita e vendere il proprio prodotto quanto piu’ possibile.

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L’impetuosa ascesa dell’iper-consumismo

May 29, 2013 No Comments»
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La maggior parte di tutto questo, 10 anni fa, non esisteva. Nel 2013, sembra di vivere sotto bombardamento: vendi, vendi, vendi, compra, compra, compra. L’esercito e’ quello della grande distribuzione globale, il suo braccio armato il marketing aggressivo, pervasivo e multi-mediale, la sua strategia il basso prezzo e i grandi volumi, la sua tattica il copia-incolla di quello che e’ stato inventato una volta sola in casa madre, la sua location prediletta quella degli svincoli autostradali e di ovunque si possa arrivare in macchina (piu’ grande possibile, idealmente un SUV).

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Tutto quello che possiamo imparare dai bambini

May 20, 2013 No Comments»
Famiglia

Madre Teresa sosteneva che i piu’ grandi maestri sono i bambini. Piu’ continuo la mia esperienza di genitore, piu’ credo di capire che cosa intendesse.
L’altro giorno piovigginava e il mio bambino continuava a fare il gioco del calpestare le pozzanghere: pur avendo le scarpe impermeabili, suo padre, che sarei io, continuava a riprenderlo: adesso basta, finirai per bagnarti i piedi e prenderti una malora. Fino a che non si domanda: e se lo lasciassi fare? In fondo, sta giocando. E una possibile ma improbabile malora potra’ fornirgli una lezione e magari anche qualche anticorpo per la prossima volta…

Per un momento mi meraviglio di quanto noi adulti (specie se italiani) ci preoccupiamo per i bambini. Mi meraviglio anche di quanto noi adulti ci preoccupiamo in generale. Me lo insegna mio figlio: non importa se mi sporco, papa’, tanto poi si lava. Posso dargli torto? Di gran lunga meglio la piccola fatica di una lavatrice in piu’ alla settimana, che la fatica epica di non fare mai sporcare il bambino. Quante volte ci preoccupiamo e arrabbiamo per cose facilmente risolvibili, sacrificando creativita’ e benessere?

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Capire contro Interpretare

March 26, 2013 No Comments»
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Rifletto sul libro appena letto di Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia.
Mi sorprende sempre per la sua eccezionale capacita’ di vedere le cose complicate chiaramente, nella loro semplicita’. Stiglitz sembra avere capito come funzionano le cose, piuttosto che fornire la sua lettura delle stesse. Mi interrogo sulla differenza tra il capire e l’interpretare. Mi domando perche’ cosi’ spesso siamo tutti cosi’ pronti a fornire la nostra interpretazione di un fenomeno (in un suo aspetto), ma in pochi sembriamo averlo realmente capito (nella sua “essenza”).

Per cominciare mi faccio aiutare osservando l’equivalente inglese delle due parole: capire si dice “to under-stand” (stare sotto) ed interpretare “to inter-pret” (muovere tra). Nel primo caso si individuano le cause immediatamente sottese ad un fenomeno, nel secondo se ne trasla una propria lettura verso altre persone. Confermando l’etimologia, anch’io ho l’impressione che per capire serva posizionarsi a ridosso della realta’, di maniera concreta, fattuale, empirica, piuttosto che astratta e generica.

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Piu’ psicologia e buon senso nella scienza economica

March 8, 2013 No Comments»
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Quello che piu’ mi meraviglia di molti economisti, e’ quanto essi si meraviglino.
Leggo Stiglitz, leggo Krugman, e mi domando: perche’ mai questi scienziati si sorprendono cosi’ tanto nel constatare che l’economia non gira per il verso giusto? Molte persone di buon senso non si sorprenderebbero: la natura umana induce le persone a comportarsi in modi molto distanti da un certo agire “ovvio” e razionale che invece sembra l’unico contemplabile dagli economisti.

Il problema a mio avviso risiede nel fatto che la scienza economica poggia le sue fondamenta quasi esclusivamente sulla matematica (scienza che si usa per descrivere), piuttosto che anche sul buon senso e sulla psicologia (scienza che si usa per capire). Si prenda un assioma principe dell’economia liberista, quello che il libero mercato conduca ad una ottimale distribuzione delle risorse. E’ probabile che tale assioma si giustifichi matematicamente in molti modi, ma e’ altrettanto vero che nelle societa’ competitive gli uomini sentano l’esigenza di sentirsi superiori agli altri. Quando lasciati liberi essi potrebbero perseguire l’accumulazione delle risorse per se’, piuttosto che la loro ottimale redistribuzione nel tessuto economico. Piu’ il mercato e’ libero e senza regole, piu’ esso potrebbe tendere all’accumulazione e alla concentrazione, come intuiscono gli attivisti di Occupy Wall Street.

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