La centralità dei sentimenti nella nostra vita
Grazie al prezioso aiuto dei nonni, io e mia moglie Jennifer riusciamo a ritagliarci un weekend solo per noi. Non accade spesso, e questa volta abbiamo deciso di spostarci al Lago d’Iseo, forse l’unico tra i grandi laghi alpini italiani a cui non abbiamo ancora fatto visita.
Si tratta di un’occasione unica per riconnetterci su un piano più profondo, al di là degli impegni lavorativi e famigliari quotidiani. Guidando in direzione Lovere, decido di far ascoltare anche a Jenny l’intervista a Chiara Amirante alla trasmissione televisiva “Sulla Via di Damasco” (link). Le parole della fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti ci colpiscono profondamente, per la puntualità con cui descrivono alcuni sentimenti umani in cui ci sentiamo tutti coinvolti.
Chiara presenta con presenza e compassione le storie di crisi personale e sociale – e successiva rinascita all’interno della Comunità – di Valentina e Claudio, lasciando raccontare direttamente a loro la modalità in cui si sono sentiti “guarire dal cuore”. Chiara la chiama spiritherapy o terapia dello spirito, l’unica capace di darci la forza per processare le ferite più profonde che ci segnano la vita, quelle legate alle relazioni con le persone a noi più care.
Quando Valentina afferma “ero arrivata a pensare: se lui alza le mani su di me, vuol dire che lui mi ama” e Claudio “dentro di me nasceva quel messaggio: tu sei sbagliato, tu non sei degno d’amore e di stima” ci arriva un pugno nell’anima. Improvvisamente ci appare evidente quanto il sentirci accettati, ascoltati, apprezzati, e in definitiva amati per quello che siamo, sia la necessità e il desiderio più drasticamente ardente in ogni essere umano. Ogni rifiuto, diretto o indiretto, percepito a questo livello genera in noi una profonda sofferenza; da quella ferita si originano complessi di pensieri e di emozioni che ci tengono prigionieri, e da cui solo il nostro spirito – inteso come capacità di sentire l’amore incondizionato della vita, o di Dio, verso noi stessi – può curare.
Continuiamo nel nostro viaggio, cercando di mantenere il tema delle relazioni al centro della nostra condivisione. Ci chiediamo perché sia proprio il contesto delle relazioni a mettere maggiormente in difficoltà noi esseri umani, rispondendoci che la difficoltà si genera dalla nostra riluttanza ad accogliere quegli aspetti o comportamenti dell’altro che riflettono quello che noi reputiamo ripugnante, e quindi tendiamo a sopprimere, dentro noi stessi. Ogni relazione difficile corrisponde ad un invito a comprendere, perdonare e reintegrare le nostre intolleranze, così da superare le rigidità e costruire una versione sempre più completa e autenticamente umana di noi stessi.
Questa chiave di lettura ci consente di guardare con luce nuova alle relazioni interne alla nostra famiglia, riuscendo a donare un significato evolutivo agli aspetti più conflittuali. Ci consente altresì di renderci ancora più consapevoli dell’importanza di emanciparci da visioni del mondo troppo “stringenti”, in cui cioè vengano ripudiati, svalutati o derisi specifici aspetti della nostra umanità, sul contraltare della mitizzazione dei loro opposti. Alimentando certi pensieri e certe parole feriremo in primis noi stessi, prima ancora degli altri.
E’ giunta l’ora del ritorno, e questa volta è Jenny a proporre a me l’ascolto dei Dialoghi sulla gentilezza di Daniel Lumera su Radio 24 (link). Ogni dialogo si focalizza su uno dei cinque valori cardine individuati da Lumera in “Biologia della Gentilezza”: gentilezza, felicità, perdono, empatia e ottimismo. Ci colpisce il dialogo sul perdono, in cui l’autore ci presenta la sua ricetta su quella che definisce una “medicina naturale del cuore”: le sue parole colpiscono nel segno, e nella loro profonda semplicità risultano liberatorie, ci muovono e ci commuovono perché riguardano in misura diversa ogni essere umano e dovrebbero appartenere alla sua alfabetizzazione alla vita.
Il cuore: tanto invocato, quanto misconosciuto. I sentimenti: tanto ignorati o bistrattati, quanto fondamentali nel tracciare la traiettoria della nostra vita. Viviamo in una società ancora pienamente ancorata al paradigma scientifico moderno, in cui si lavora molto sul piano cognitivo-mentale-psicologico, ma in cui i sentimenti giacciono ancora rinchiusi e confinati in una dimensione privata, romantica, naive, femminile, irrazionale.
Cerchiamo di razionalizzare (in inglese direi rationalize away, “razionalizzare via”) tutto quello che è eccessivamente emotivo, e renderebbe meno efficiente il nostro fare o l’immagine che abbiamo costruito di noi stessi. In realtà è proprio la dimensione sentimentale quella che comanda la nostra rotta, e solo un confronto amorevole e produttivo a questo livello può consentirci di guadagnare quell’approccio più razionale e salutare che sappiamo essere possibile.