Riscoprire il cuore del mercato
Riprendo in mano un appunto scritto di getto qualche anno fa. Mi offre l’occasione di continuare la riflessione sull’economia futura, e sembra fluire naturalmente dentro il filone di articoli sulla “Rivoluzione della sostenibilità” inaugurato nell’ormai lontano 2016.
Il contenuto va dritto al punto: cerco di modificarlo il meno possibile, rinunciando alle contestualizzazioni e specificazioni a cui sono altrimenti abituato. Al tempo lo spunto mi arrivava dall’osservazione di quanto il recente sviluppo costiero dell’Alto Adriatico (specificamente nella nuova località di Altanea, nel comune di Caorle da noi regolarmente frequentato) dia l’impressione di procedere di modo parzialmente disgiunto da una reale conoscenza dei bisogni del mercato.
Ecco quindi il testo della nota…
Il mercato funziona bene quando domanda e offerta sono molto vicine, l’una difronte all’altra, come in un mercato urbano, per l’appunto, o, ancora meglio, in un suq. Il falegname locale produce e vende un mobile a chi poi lo metterà in casa propria: il bisogno dell’acquirente è a diretto contatto con l’expertise del produttore. Man mano che invece le maglie si allargano, così che molti intermediari si cominciano a frapporre tra fornitore e utilizzatore, il potere di matching del mercato rischia di attenuarsi, se non venire completamente a mancare.
Osservando la costruzione del nuovo villaggio di Altanea, ho l’impressione che le istanze e le “sovrastrutture” degli intermediari (ad es. grandi società immobiliari o fondi di investimento) possano giocare la parte del leone, con una percezione solo sfumata del reale bisogno di utilizzo, dei reali desideri della clientela, delle effettive caratteristiche del luogo fisico, delle expertise uniche in gioco. Mi chiedo:
- Si conoscono realmente le preferenze di migliaia di nuovi turisti est-europei che Altanea si prefigura di servire? Perché mai queste persone dovrebbero cominciare a frequentare la costa nord-adriatica italiana e non altre zone?
- Si conoscono a fondo le peculiarità e gli equilibri ecologico-sociali del luogo in cui si andrà a costruire? Gli insediamenti turistici vicini come risentiranno della nuova abbondanza di offerta di alloggi? Quale impatto avrà questa operazione nei consumi e negli impatti ambientali di una zona già affollata?
Potrebbe esserci molta ingordigia dietro un’operazione così ambiziosa e rischiosa, una compulsione interiore da cui forse il nostro falegname è immune, semplicemente perché chiamato a soddisfare un bisogno contingente e incrementale, espresso da una persona fisica conosciuta che a sua volta conosce bene il proprio contesto. L’artigiano è inoltre immerso nella produzione di un servizio creativo, un’attività di per sé appagante. All’opposto, mi chiedo: chi soffre di ingordigia? Chi non si sente ancora soddisfatto, chi percepisce dentro di sé un vuoto o un disequilibrio, chi crede di avere bisogno di qualcosa di più di ciò che già possiede.
A ben vedere, la stessa logica della crescita a tutti i costi su cui i mercati istituzionalizzati si fondano è l’emanazione di una percepita carenza, se non di un errore di percezione rispetto al valore intrinseco di noi esseri umani (se valiamo già per il solo fatto di essere, non dovremmo percepire il bisogno di nulla di più).
Il nodo ultimo da sciogliere risiede quindi a livello ontologico, e riguarda riguarda un uomo moderno e già opulente che, intimamente, non riesce a sentirsi soddisfatto di quello che fa. E’ sempre alla ricerca di qualcosa di più e, quando finisce per sposare una logica acquisitiva piuttosto che di servizio, snatura sé stesso e gli ambienti in cui interviene.
Per quanto eccitante ci possa apparire, forzare compulsivamente un corso d’azione equivale a dichiarare che le cose, al momento, non vanno bene. Equivale ad invalidarsi, mancando gratitudine verso il mondo e verso sé stessi.
In conclusione, credo che oggi come non mai risulti chiaro che esiste un’opportunità di recupare le nobili origini dell’economia: mettendosi semplicemente al servizio, ovvero donando il meglio della propria attenzione e creatività a chi ha un bisogno reale che noi possiamo autenticamente soddisfare. L’altruismo, inteso come valorizzazione di sè stessi grazie agli altri e per gli altri, è il cuore pulsante del mercato: prenderne consapevolezza equivale a perseguire il proprio interesse, e quello di tutti.