Riattualizzare l’economia, finalizzandola al benessere
Dalla crisi del coronavirus emerge tutta la fragilità di un’economia che solo attraverso la propria crescita può garantire stabilità sociale. L’attuale decrescita rende ancora più evidenti due realtà tanto ovvie quanto contraddittorie e insostenibili:
- meno economia fa bene all’ambiente
(diminuzione delle estrazioni, trasformazioni, emissioni)
- meno economia fa male alla società
(aumento della disoccupazione, inoccupazione, sottoccupazione)
Il sistema, evidentemente, non è ottimale. Questo modo di concepire l’economia tiene tutti sotto scacco: l’ambiente fisico teme l’economia, perché da essa viene pesantemente danneggiato; l’ambiente sociale teme anch’esso l’economia, perché da essa dipendono i soldi per fare e per campare. Ci troviamo difronte a una sorta di Frankestein che da una parte ci spinge a prevaricare un ambiente già in grande sofferenza, dall’altra a inventarci sempre nuovi modi per vivere e sopravvivere. Sembra assurdo, ma nostro malgrado è così.
Se questo è vero, risulta quantomai urgente cambiare qualcosa nel nostro modo di intendere quello che chiamiamo economia, chiarendolo, semplificandolo e riattualizzandolo. Da questo punto di vista, comincerei col rivisitare due elementi che più di altri mi sembrano fondativi:
- attività produttive
- soldi
Ad oggi, il nostro concepire l’economia sembra essere il seguente:
(1) “è necessario intraprendere attività produttive, per generare soldi, che a loro volta ci consentano di generare nuove attività produttive”.
Questo assunto primo mi fa venire in mente i coloni del West americano che una volta giunti in una nuova terra dovevano:
(2) darsi da fare per farsi spazio nella natura e “guadagnarsi da vivere” (altro assunto primo dell’economia)
(3) instaurare un sistema di scambi reciprochi, con il baratto prima e il denaro poi, per vivere una vita più diversificata/sofisticata/comoda/spaziosa/avvincente (di qui un ulteriore assunto primo dell’economia, quello della “crescita”)
Un esercizio interessante a questo punto potrebbe essere quello di rivisitare questi presupposti in chiave evolutiva, alla luce dei cambiamenti sopraggiunti nel frattempo nel mondo in cui viviamo, così come nel mondo interno a noi sottoforma di nuove consapevolezze. Da parte mia, e nel contesto del 2020, li riscriverei così:
(1) “E’ necessario generare attività produttive trasformative* – esclusivamente quelle che sono di beneficio completo e congiunto per l’essere umano e per la natura - al fine di generare salute e benessere a tutti i livelli. Lo sviluppo di queste attività risulterà accelerato da molteplici forme di “reciprocazione energetica”: sentimenti di gratitudine; doni; soldi.
(2) darsi da fare per farsi spazio nella natura curare le ferite del mondo esterno così come del mondo interno a noi e “guadagnarsi da vivere” , così da condurre una vita pienamente realizzata
(3) instaurare un sistema di scambi reciprochi, con il baratto prima e il denaro poi, per vivere una vita più diversificata/sofisticata/comoda/spaziosa/eccitante realizzata perché più consapevole, più salutare, più semplice, più arricchita dalla diversità del mondo, più entusiasmante, più apprezzativa di tutto quello che è.
Se il manifesto della nuova economia fosse questo, apparirebbe anche più chiaro comprendere quali attività trasformative (*trovo più veritiero questo termine rispetto a “produttive”, assumendo che in natura nulla si crea e nulla si distrugge) sono realmente necessarie e di beneficio.
Apparirebbe per esempio evidente che il ripristino di ambienti fisici degradati sia la prima cosa ovvia verso cui risulta urgente reorientare le nostre energie, al pari della ripristino della piena salute psico-fisica di noi stessi. Diventerebbe altresì prioritario sperimentare tutti i modi possibili per far fluire denaro verso coloro che si dedicano a rigenerare e rigenerarsi, soldi che potrebbero altresì fluire verso chi accudisce in prima persona altre persone o ambienti. Che si tratti di genitori e famigliari impegnati nella crescita dei bambini (e nel mantenimento della coesione famigliare) o di persone che si adoperano per i propri micro-gruppi/ambienti locali, risulterebbe sensato pensare a forme retributive che offrano la serenità di fare le cose con ancora più attenzione e cura.
Il reorientamento dell’intero sistema farà sì che tutti avranno abbastanza risorse, soldi compresi, per vivere bene e pienamente.
Nella futura economia finalizzata al benessere, nessuno si vedrà costretto a lavorare per sopravvivere: liberando alle fondamenta la capacità di amarsi propria degli esseri umani – esseri che hanno valore, e che meritano di sopravvivere, a prescindere – si creeranno le condizioni propedeutiche alla creazione di un benessere completo e congiunto per uomo e natura.
Il concetto stesso di lavoro, per come lo definiamo e connotiamo oggi, verrà a decadere: mano a mano che le persone, le società e gli ambienti fisici si rigenereranno, le condizioni saranno tali per cui sempre più persone potranno dedicarsi a quello che hanno più autenticamente a cuore, ricevendo in cambio tutta l’energia necessaria per continuare nel proprio cammino.
Post Scriptum: in sintonia con questi temi, suggerisco di leggere il recente articolo di M.Yunus su “Non torniamo al mondo di prima”: link