Il dono dell’imperfezione
Dal momento che si mette piede su Booking.com inizia il viaggio. La mente già si proietta a destinazione e si lascia trascinare dall’eccitazione: bello questo posto, intanto lo prenoto, non si sa mai! Poi si ritorna online e si rivalutano le opzioni: anche questa meta in effetti è interessante, sono tentato di disdire e riprenotare.
Avevo quindi già navigatato i mari di Internet prima di imbarcarmi per il sud dell’Albania, prima tappa di un viaggio di famiglia che sarebbe poi proseguita nella Grecia Ionica. Arriva il giorno della partenza, e a dire il vero non mi sento ancora completamente soddisfatto della destinazione prescelta: in fin dei conti le fotografie e le recensioni che continuo ad esaminare sulla località verso cui siamo diretti non sono del tutto positive.
Sbarchiamo a Igoumenitsa e insieme a poche altre macchine ci avventuriamo in una strada minore che punta a Nord, verso il confine albanese. Entriamo con entusiasmo in questo piccolo paese dalla storia travagliata e relativamente poco conosciuto dal punto di vista turistico. Ci lasciamo immediatamente sorprendere dall’atmosfera ovattata e dal paesaggio aspro e desolante.
Giunti a destinazione appare evidente che non si tratti di un luogo di villeggiatura a noi convenzionale, ma piuttosto di un coacervo di edifici e alberghi costruiti di maniera scomposta sulle pendici di piccole colline, fino ad arrivare al mare. Molte costruzioni giacciono in rovina, incomplete o appena abbozzate. Lasciate le arterie principali, l’asfalto lascia il posto ad un improbabile dedalo di sterrati, costellati di pietre, buche, rimasugli di spazzatura, cani a zonzo, cassonetti bruciati.
Con il sudore alla fronte arriviamo a destinazione, nell’appartamento in cui avremmo trascorso le prime cinque notti di vacanza. Si tratta della porzione di una graziosa villetta con giardino abitata dalla famiglia dei proprietari, tutti in qualche modo al lavoro dentro o intorno alla casa. Siamo collocati all’estremità est del villaggio, una zona periferica che domina una laguna animata dal via vai di pescatori, e forse di altre persone dedite ad altri traffici.
Il lungomare si presenta come una lunga fila di beach bar, alcuni dei quali gestiti da italiani. Un camminamento lastricato li mette in comunicazione, ed è altresì costeggiato di ristoranti dall’atmosfera a volte ricercata, a volte famigliare. Piccoli lampioncini in stile simil art decò illuminano il sentiero, ma da un certo punto in poi giacciono tutti a terra, crollati, a pezzi. A tratti, compaiono giardinetti che fungono da scarico merci per i ristoranti, oltre che da ritrovo di anziane signore che preparano ceste di frittelle al cioccolato che poi venderanno da ambulanti nelle spiagge.
Reso consapevole da Internet di quanta bellezza convenzionale sia a disposizione nel mondo, mi occorre una buona giornata per accettare l’idea di aver scelto proprio quel posto per le vacanze di famiglia. Il destino vuole che in quel periodo stia leggendo un libro intitolato “Il dono dell’imperfezione”, il cui autore, Alessandro Chelo, sprona i lettori ad accogliere l’autenticità degli elementi di imperfezione che caratterizzano gli esseri umani e le loro opere. In qualche modo mi convinco che a questo punto non serva a nulla opporre resistenza alla situazione, a maggior ragione perché il resto della famiglia sembra invece prestare già più attenzione alla meraviglia del paesaggio naturale piuttosto che a tutto il resto. Lo scenario lascia incantati: mai avevo visto montagne così alte ergersi tanto precipitosamente dal mare.
Adattato al nuovo contesto, mi lascio conquistare dalla diversità e dalla veridicità dell’Albania. Mi gratifica sentirmi viaggiatore se non abitante io stesso di un luogo tanto diverso. Mi confondo con i residenti quando, la sera, affronto la strada mezza buia per comprare acqua e pane nel minimarket di quartiere, dove i commessi mi riservano grandi attenzioni. Mi rendo presto conto di essere circondato da un brulicante vicinato in cui le persone sembrano conoscersi, supportarsi a vicenda, e farsi compagnia durante le ore di lavoro. Non avverto un senso di pericolo, non ne avrei le ragioni, ma piuttosto mi si fa largo nel cuore un grande sentimento di tenerezza e compassione per la realtà che mi circonda. In un certo senso tutto è perfetto: proprio in quel contesto urbano che di certo non si nasconde dietro il proprio degrado, mi sembra di percepire un senso struggente e seducente di bellezza.
E’ giunto il momento di ripartire. In men che non si dica rientriamo in Grecia, e non possiamo che rimanere nuovamente sorpresi, questa volta per la “normalità” di quello che ci circonda. Tutto ci appare ordinato e pulito, ma anche forse un po’ piatto e insignificante, se così si può dire. Sembra di essere rientrati in Italia, seppure la Grecia sia di per sé stessa ben diversa dall’Italia!
Superata una nuova fase di adattamento, cominciamo ad apprezzare la poesia di pittoreschi villaggi e taverne abbarbicate sul mare. Piano piano ci abituiamo a respirare quel senso di perfezione rilassata inconfondibilmente greco, distanziandoci dalla lunghezza d’onda della compassione provata in Albania.
La vacanza sta per concludersi e io mi porto a casa un semplice insegnamento. A dispetto di tutto quello a cui Internet ci può preparare, in termini di conoscenze, desideri, aspettative e confronti, un viaggio è fatto anche e soprattutto di avventura e scoperta del diverso. Volere vedere solo le cose più belle è molto limitativo, e nelle occasioni giuste vale la pena rinunciare a distinguere con cura i luoghi da visitare e quelli da tralasciare. L’Albania mi ha fatto riassaporare il senso di integrità che si ha dall’immergersi in una realtà molto distante dalla propria, in cui scopriamo che è possibile vivere in modo diverso e ne cogliamo gli elementi di piacevolezza.
Visitare l’Albania mi ha altresì “aperto un mondo”, perché mi ha concesso di superare i pregiudizi e l’ignoranza che mi tenevano lontano da tanti paesi che giacevano spenti nella mia carta geografica mentale. Mi si accendono ora la Bosnia o la Georgia come prossime mete potenziali e arricchenti, e chissà quanti altre località più “ovvie” e vicine delle classiche destinazioni turistiche dall’altra parte del mondo.
Mi rimane la voglia di ripartire: preparandomi con cura, sulla storia e sulla cultura; mettendo in preventivo un periodo di assestamento; lasciandomi muovere e commuovere in modi diversi dalla perfezione e dall’imperfezione.