Io e il mare
Guardo il mare e cerco di ascoltare quello che ha da raccontarmi.
Lascio che lo sguardo si perda all’orizzonte, ne lascio fluire le increspature e scorrere le barche. Mi immergo nel suo colore cangiante: verde bottiglia, azzurro turchese, blu cobalto, e poi grigio e rosa con il tramonto. Mi lascio sedurre dal rumore delle onde che si infrangono sugli scogli, mentre il sale mi si rapprende sulla pelle ora che mi asciugo al sole dopo un lungo bagno.
Il mare mi parla e sembra dirmi che è lì per me. Non mi chiede nulla in cambio, ma si regala, sussurrandomi che anche della mia vita non si chiede null’altro che stare di fronte a lui e godere del suo incanto. Per tutti quelli che possono essere i miei progetti, doveri o aspirazioni, ora la Vita mi racconta che in realtà tutto quello che devo fare è accoglierla, lì fermo davanti alla maestà della natura se questo è quello che voglio.
Il mare continua a muoversi, onda dopo onda, all’infinito. Noi ci affanniamo lontano dalle sue rive, ci danniamo in chissà che cosa, e il mare rimane sempre lì, per noi. Sempre presente, sempre pronto a dirci la Verità e a tranquillizzarci. Nessuno ha potuto modificarlo, limitarlo, ergervi confini, trasformarlo in qualcosa di proprio: il mare resta infinito, resta eterno, resta di tutti. Il mare ci accoglie in un abbraccio materno, ci consente di immergerci, di fonderci con lui, di essere anche noi mare al pari delle migliaia di onde che tanto generosamente accoglie sulla sua superficie. Onde regolari, coordinate, consapevoli l’una dell’altra, umili nel loro nascere così come nel loro morire. Il mare, e forse niente più del mare, ci insegna l’Amore. Il mare, e forse niente più del mare, ci parla di Dio.
Ci insegna anche come affrontare la vita. Cambiano le ore e le correnti, cambiano i colori del mare. Cambiano le condizioni metereologiche e le stagioni, cambiano gli umori del mare. E poi tutto torna come prima. Agitato, e poi nuovamente calmo. Scuro, e poi nuovamente chiaro. Freddo, e poi nuovamente caldo. Il mare non oppone resistenza alle condizioni esterne, accoglie la tempesta nella certezza che tornerà il sereno. Il mare è maturo, è un maestro che mi insegna ad accettare la mutevolezza della vita.
Cerco ora con lo sguardo le imbarcazioni all’orizzonte. Trovo barche a vela, traghetti, petroliere, perfino le ombre della costa istriana che tanto amorevolmente si offre in un angolo di orizzonte. Così sole e così piccole nel bel mezzo dell’immensità del mare, queste barche mi infondono un sentimento di tenerezza. Sembrano bambini che muovono fragilmente i loro primi passi in un mondo così immensamente più grande di loro.
Sogno di essere in una di quelle barche, perché loro, lì in mezzo al mare, sono autenticamente libere. Non c’è strada tracciata che devono seguire, ma basta loro fidarsi dell’orizzonte del mare dietro cui prima o poi si svelerà chissà quale sorpresa, chissà quale nuovo porto o terra esotica di approdo. Il mare è libertà e avventura, il mare ci ricorda quello di cui abbiamo bisogno.
Mio malgrado, mi alzo dalla scogliera e interrompo la comunione con il mare. Il mare mi ha regalato pace e consapevolezza, il mare mi ha amato, il mare mi ha supportato nella comprensione di me stesso e del mondo che mi circonda.
Mi incammino verso la spiaggia e rientro in Italia, in un paese così tanto ricco di storie, vicissitudini e confini, ma anche così tanto circondato da mare. Non è un caso, forse, se sono nato e cresciuto in questo angolo di mondo, per comprendere fino in fondo il quale, forse, occorre comprendere il mare. Un popolo di poeti, di artisti, di eroi. Di santi, di pensatori, di scienziati. Di navigatori, di trasmigratori.
Offro la mia gratitudine al mare, per consentirmi di essere quello che sono.
Immagine: foto da me scattata ieri sera dal lungomare di Caorle.
Dedico questo articolo a mia madre, di cui ero in compagnia ieri sera.