Filippo Dal Fiore

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Inno alla ricchezza

May 22, 2015
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E’ sabato mattina, sono a casa e ho voglia di riposare. Da qualche minuto, però, la quiete del nostro vecchio quartiere residenziale è squarciata da un fastidioso rumore di sega elettrica. Proprio oggi, penso. Mi affaccio alla finestra e mi rendo conto che due persone sono all’opera nel giardino della villetta che giace abbandonata a fianco della nostra palazzina. Mi prende un colpo al cuore: stanno mutilando i meravigliosi oleandri che circondano la casa, delizia di tutti noi che viviamo qui a ridosso.

Mi precipito giu’ dalle scale, ma al mio arrivo rimangono solo due monconi di pianta. Chiedo ai giardinieri che cosa stanno facendo, e mi rispondono che l’avvocato a cui appartiene la casa ha dato loro l’incarico di rendere la casa piu’ visibile dall’esterno, per migliorare le chance di vendita. Stento a crederci: la casa versa in terribili condizioni, uno dei pochi elementi che la rendono attraente sono proprio le piante del giardino!

Chiedo loro se un oleandro si pota in quel modo, e mi rispondono che “presto ricrescerà”. Ora però si dirigono verso un’altra meravigliosa pianta, completamente fiorita, che trasborda a mo’ di ombrello nel giardino di una casa adiacente: l’anziana proprietaria, lì presente, chiede timorosa che venga tagliata la metà di pianta che poggia sulla loro siepe, citando la normativa di sovrana proprietà. Sono allibito. Mi oppongo a questo scempio, e un giardiniere mi dà ragione. Così si rivolge alla dirimpettaia: “Se lei vuole tagliare questa pianta, non è una signora”.
Risalgo tranquillizzato le scale di casa, ma una volta aperta la porta mi sorprende nuovamente il rumore della motosega. Centinaia di fiori bianchi si stanno disperdendo nel nostro cortile, sento una ferita profonda farsi varco nel cuore.

Mi domando che cosa possa portare le persone a questi livelli di insensibilità e chiusura in sé stessi. Non è stata mai così chiara in me la percezione di come il culto della proprietà privata possa dilapidare il bene e la bellezza collettiva, e il modo in cui molte nostre città stanno crescendo e producendo brutture parla fin troppo chiaro al riguardo. Dentro il perimetro della mia proprietà io individuo posso fare quello che voglio, nonostante l’impatto sugli altri, impatto di cui evidentemente non mi rendo neanche conto. Chiusi nella salvaguardia in quelli che percepiamo essere nostri interessi e “diritti”, rischiamo di diventare ciechi e sconsiderati. Oltretutto, infliggendo una ferita a tutti, lo facciamo inevitabilmente anche a noi stessi.

L’episodio mi parla inoltre di povertà. Mi riferisco alla povertà di spirito, dell’inaridimento che puo’ prendere il sopravvento quando non coltiviamo con amore il nostro essere umani. L’apatia del giardiniere e la paranoia della vicina mi parlano del rischio di vivere a testa bassa, schiacciati su sé stessi, privati della cultura e delle relazioni che sono il nutrimento della nostra anima. In termini materiali tutti noi potremmo diventare molto ricchi, ma nonostante tutto continuare a soffrire, nostro malgrado, di grande povertà.

Credo che la sofferenza del nostro tempo ci offra una grande opportunità di ampliare il discorso sociale sulla ricchezza, un discorso sbagliato e ingiusto che ci fa credere che se non siamo ricchi materialmente non siamo rispettabili come persone. Ci invita altresì a valorizzare tutte le sorgenti di arricchimento a cui noi uomini possiamo aspirare ed attingere. Ciascuno di noi può cominciare a fare la lista, io ci provo da subito:

- ricchezza materiale personale, equivalente ai beni che appartengono solo a noi
- ricchezza materiale collettiva, ovvero i beni che appartengono a noi insieme agli altri, dai centri storici delle nostre città ai parchi, dall’aria che respiriamo ai paesaggi che frequentiamo
- ricchezza relazionale e affettiva, quella che ci arriva da familiari, amici, conoscenti e colleghi
- ricchezza culturale, quella che ci aiuta ad apprezzare la varietà e la ricchezza del mondo
- ricchezza di idee, relativamente alle attività che ci inventiamo per rendere piu’ piena e soddisfacente la nostra vita
- ricchezza di tempo, potendolo utilizzare per ciò di cui sentiamo il bisogno
- ricchezza di spazio, il potersi muovere e beneficiare di luoghi diversi
- ricchezza fisica, del come sappiamo beneficiare della nostra corporeità
- ricchezza spirituale, che soprassiede tutte le altre e ci arriva dal coltivare le nostre fonti profonde di amore, gratitudine e felicità

Credo che l’evoluzione naturale delle società capitaliste non possa che andare nella direzione dell’emancipazione dal culto della proprietà privata e dei diritti individuali, verso l’ampliamento degli orizzonti: dai beni materiali a tutti i tipi di beni, dall’io al noi. Per avanzare, è necessario acquisire consapevolezza, rendendosi conto che anche chi è povero materialmente può essere molto ricco: io stesso di questi tempi non ho molti soldi, ma mi sento una persona sempre piu’ profondamente ed ampiamente ricca, oltre che libera da forme di dipendenza da questa o quella forma di ricchezza proprio perché ne ho sperimentate molteplici.

Tutto quello che dobbiamo fare, credo, è coltivare l’amore per la Vita: è questo ci dona la curiosità di esplorare nuovi orizzonti, insieme al coraggio per superare pregiudizi e paure.

Immagine: ©tuttoscorre.net

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