Il mondo secondo Google
Accendiamo il computer. Clicchiamo sull’icona di Internet Explorer. Digitiamo google.com nella barra degli indirizzi. Inseriamo una A nello spazio bianco. Leggiamo i suggerimenti comparsi a completamento della nostra A. Nel mio caso: Ansa; Agenzia delle entrate; Alitalia; Animedb – the streaming paradise; Autoscout24 – marketplace europeo delle auto nuove e usate; Air One; Alice Adsl; Alice Mail.
Ogni secondo, ogni giorno, in ogni angolo del mondo, la storia si ripete: milioni di persone contribuiscono con le loro richieste a determinare la classifica delle ricerche piu’ cliccate, alcune delle quali ci sono appena state prosposte da “Google suggerimenti”. Altre vengono censurate. Altre ancora appaiono perche’ qualcuno ha pagato per pubblicizzarle, piuttosto che per meriti sul campo.
Google ha cambiato il mondo. Non solo: ha reso il mondo in grado di capire come sta cambiando. Agendo da sensore dell’opinione pubblica mondiale, Google ci racconta che cosa occupi la mente delle persone. I suoi dati sono una miniera d’oro per la ricerca sociale e per le ricerche di mercato. La storia di Google nasce dall’assunzione del “do good” (fare del bene), promossa dai suoi fondatori: consentendo il reperimento della conoscenza mondiale messa in rete, Google si fa vassallo di cultura e di democrazia, su scala mai conosciuta prima. Siamo pero’ sicuri di sapere che cosa questo veramente significhi?
L’implicazione a tutt’oggi piu’ studiata e’ il fatto che Internet – reso significativo da Google e dagli altri motori di ricerca – sposti il bilanciamento di potere dalle istituzioni ai singoli individui. E’ piu’ difficile nascondersi: l’informazione in rete consente ai cittadini e consumatori di avere un quadro piu’ ampio e completo della situazione, di confrontare prezzi e caratteristiche dei prodotti, cosi’ come l’offerta e l’operato politico. E’ piu’ difficile ignorarsi: la voce di cittadini e consumatori organizzati in social networks puo’ diventare importante agente di cambiamento.
Improvvisamente, le istituzioni – pubbliche o private che siano – si potrebbero ritrovare il fiato sul collo. Come loro, i ruoli “istituzionali”: dal medico all’avvocato, dall’insegnante al padre di famiglia. Non necessariamente ne sanno piu’ di noi. Tale pressione e’ problematica per tutti: e’ occasione per migliorarsi, ma potrebbe sconvolgere delicati equilibri sociali. Puo’ renderla piu’ stimolante, ma puo’ anche aumentare lo stress nella nostra vita. Una vita che probabilmente Internet ha gia’ contribuito a scuotere, negli equilibri personali: tempo trascorso davanti al computer; interazioni e confronti con nuovi contatti e conoscenze in rete; totale accesso alla pornografia. In qualche modo, persone e istituzioni dovranno ricostruirsi un nuovo equilibrio.
Mi chiedo: in che misura la situazione e’ veramente quella descritta?
Se tutto e’ possibile, non e’ detto che tutti possano o vogliano fare tutto.
In particolare, mi domando perche’ Internet dovrebbe aumentare la nostra gamma di interessi.
Se non conosco la musica classica, non andro’ a cercarla in rete; se non mi interesso di politica, forse non diventero’ mai un attivista in rete; se non ho molta curiosita’ probabilmente non mi spingero’ molto oltre lo scambio di messaggi all’interno della mia cerchia di amici; ma se conosco l’inglese mi si spalancheranno le porte di un mondo infinito.
Da questo punto di vista credo che Internet sia molto piu’ simile alla televisione di quanto normalmente pensiamo: ciascuno sintonizzato sul canale che piu’ preferisce. Certo, c’e’ sempre piu’ zapping da fare, ma alla fine e’ probabile che i nostri interessi e limiti ci facciano approdare ai porti sicuri (torno a rileggermi gli 8 suggerimenti che Google mi propone digitando la A…).
E’ forse quindi arrivato il momento di allargare la discussione dal piano tecnologico a quelli educativo e formativo? Al riguardo, la mia limitata esperienza mi ha insegnato che piu’ sai, piu’ Internet ti permette di sapere, attivando un circolo virtuoso esponenziale. Parallelamente a una spinta di democratizzazione, sembra quindi che Internet porti con se’ anche una forza di segregazione: le elite acculturate e cosmopolite potrebbero saperne sempre di piu’, mentre la posizione di tutti gli altri non cambierebbe di molto. Come nel ciclismo: pochi in fuga, i piu’ rimangono dentro la lunga coda del gruppo.
Le fughe non sono pero’ sempre vincenti. L’istruzione potrebbe non bastare.
L’altra sera nessuno aveva voglia di cucinare. Mi sono messo le scarpe e sono sceso alla pizzeria vicino casa. Nell’attesa del mio turno, ho osservato la preparazione delle nostre pizze: maestria e velocita’ straordinarie. Ho fatto i complimenti al pizzaiolo. Lui mi ha chiesto che lavoro facevo. Gli ho risposto: il ricercatore. Ha replicato: bel lavoro, tu usi la testa, io le mani. Ha poi aggiunto: non dimenticarti, pero’, nella vita essere istruiti non vuol dire essere saggi. La saggezza ci potra’ arrivare anche dalla rete, ma meglio non farci completo affidamento.