Ma quanto misuriamo?
Vado in gita, calcolo i chilometri e il tempo di viaggio.
Faccio una corsa, valuto la distanza percorsa e la durata dell’attività fisica.
Vado a fare la spesa, noto quanti soldi mi sono serviti.
Considero un acquisto, stimo il valore (=quantità) monetario che reputo adeguato.
Intraprendo un nuovo progetto di lavoro, ipotizzo quanto tempo ci dovrò dedicare.
Sto prendendo una decisione, guardo che (=quante) ore sono per capire cosa fare.
Mi sono svegliato un po’ stanco, considero quante ore ho dormito.
Pubblico un contenuto su Internet, controllo quante persone lo hanno visualizzato.
Quanto costa? Quanto dura? Quanto vale? Quanto ci si mette? Quanto tempo e denaro ho a disposizione? Quanto sono OK?
Quanto, quanto, quanto. Sembra che in questa nostra società moderna quello che non si possa misurare non possa aver valore e sia da rifuggere. Diamo per scontato che più una certa qual cosa o azione o aspetto è grande e duratura, più sia valida. Mentre la vita ci scorre di fianco, siamo impegnati in molteplici schemi di quantizzazione, massimizzando le cose gradite e minimizzando i tempi che ci occorrono per realizzarle. Le nostre dimensioni e le nostre velocità ci rendono orgogliosi, in una rincorsa continua a ottenere una prestazione, e momentaneo senso di sicurezza, sempre maggiori.
Il motore dell’era industriale abita ancora dentro di noi, attraverso questa tensione a fare e a migliorarci sempre di più, che a un certo livello continua a darci soddisfazione. La misurazione ne rappresenta la cartina di tornasole, nonché lo strumento principe per gestire la complessità. Alla luce dell’articolo scritto ieri, mi chiedo se in realtà stiamo già transitando verso un nuovo paradigma in cui la tensione verso la quantità cede il passo a un riorientamento verso la qualità, assumendo che così facendo ci si riorienterà anche verso una “giusta misura” delle cose.
Quello che ne è propedeutico, forse, è risintonizzarsi con quella tranquillità che alberga sempre dentro di noi: più riusciamo a calmarci nel profondo, più il nostro sentire confluisce naturalmente verso quelle proprietà intrinseche della realtà che ci circonda – qui e ora – che per la loro bellezza chiamiamo qualità.
La qualità non si può misurare, altrimenti si tratterebbe di quantità. Si colloca sul piano più fondamentale dell’esistenza: non lascia spazio a preoccupazioni, calcoli o proiezioni nel passato e nel futuro, ed è di grande nutrimento per la nostra anima.
E’ arrivata l’ora di regalarsi più qualità, prendendo più alla leggera le nostre misurazioni?
Potremmo forse lasciarci ispirare dai popoli indigeni e dalle culture meno occidentalizzate. Per cominciare senza andare troppo lontano, consiglio la visione del documentario dedicato allo stile di vita nell’isola di Greca di Icaria, parte della serie “La lista di Bill – Meraviglie da salvare”.