Verso il tramonto del liberismo?
Verso il tramonto del liberismo? La riscoperta dell’importanza dei limiti
In questo periodo di quarantena ci confrontiamo con inedite limitazioni alle nostre libertà individuali. Mi è concesso di riprendere a correre fuori casa in questi giorni, ma rimanendo all’interno di un perimetro urbano molto ristretto: penso, forse per la prima volta nella mia vita, a che cosa vuol dire vivere in quello che in Occidente chiameremmo un regime autoritario. E’ una sensazione ambivalente: da un lato mi sento frenato e impotente; dall’altro mi sento sollevato dal fatto di poter sempre e comunque fare quello che voglio.
Non è forse sia caso se questo periodo di forti limitazioni arrivi al culmine di un momento storico in cui abbiamo elevato le libertà individuali a massimo valore. La conformazione e la cultura delle società attuale e delle sue istituzioni sono “libertarie”: dopo l’epoca dei fascismi, se ne è aperta un’altra che per reazione si orienta verso un liberismo sempre più spinto, in tutte le sfere di vita. Ce n’era bisogno, e per molti questo orientamento ci ha consentito di viaggiare lontano e velocemente nel nostro percorso evolutivo, ma ora ci troviamo quanto mai difronte ai limiti di questa filosofia.
La libertà di fare sempre e comunque quello che vogliamo ci porta a danneggiare la nostra casa comune, ovvero il contesto ambientale e umano all’interno di cui viviamo: da una parte ci priva dell’opportunità di coordinarci, allinearci, contenerci, riconciliarci; dall’altra ci costringe a sobbarcarci il peso di molte più micro-scelte, con il rischio di distrarci da questioni ben più importanti. Oggi più che mai “darsi una regolata” conviene a tutti: è forse questo il messaggio e l’opportunità ultima che ci offre l’esperienza della quarantena.
Ci stiamo riabituando ad accettare delle limitazioni nella nostra vita quotidiana. Volente o nolente, stiamo ponendoci dei limiti: si tratta a mio avviso di una grande opportunità per reintrodurre ordine all’interno delle nostre vite, guadagnando un maggiore senso di responsabilità verso noi stessi e gli altri. E’ evidente che non può più trattarsi (come un tempo) di soffocare la nostra espressività personale, quanto piuttosto di creare nuovi spazi per differenziarla:
- conviene a tutti, e in primo luogo a me stesso, non poter più muovere l’auto tutti i giorni o trascorrere ogni singolo weekend fuori città: mi si offre l’opportunità per reimparare a fare altro, per aprire nuove possibilità nel mio vivere la mobilità così come l’immobilità;
- conviene a tutte le imprese, e in primo luogo a coloro che le gestiscono, non mantenere in funzione i propri punti vendita e impianti produttivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, mettendo un freno all’immissione sul mercato di un eccesso di prodotti: si tratta di un’opportunità per diversificare, per reimparare a guardarsi dentro e guardarsi intorno, per riscoprire rapporti e cogliere segnali;
- conviene a tutti gli abitanti e i frequentatori delle città porre un limite all’espansione delle aree costruite, così come all’accesso di troppi turisti e pendolari: si tratta di una straordinaria opportunità per salvaguardare il verde e contenere il traffico, mantenendo più vivibilità per tutti
Sta quindi in noi, a questo punto, trasformare quella che appare come la più grande delle maledizioni – questa situazione di difficoltà e sofferenza, dettata dal Coronavirus – nella più grande delle benedizioni. Ed è proprio la malattia a spianarci la strada per la cura, traghettandoci verso una fase più matura di riscoperta del senso del limite.
Si tratta forse di un percorso inevitabile, anche e soprattutto per preparare le nuove generazioni alle grandi sfide che il prossimo futuro presenterà loro: se l’attuale approccio “permissivista” nell’educazione famigliare e scolastica era giusto nelle sue intenzioni, credo sia ora altrettanto giusto fare un passo avanti, per sollevare i nostri figli da aspettative irrealistiche e dotarli di più resilienza e auto-disciplina. Maturando emotivamente, riusciremo a farlo con più molto più amore: la rigidità si tramuterà in fermezza; i giudizi e le punizioni in comprensione che accoglie ma non cede; le costrizioni a senso unico in spazi d’azione ampi ma anche sapientemente limitati.
Infine, se c’è forse un aspetto di regolamentazione interna dell’attuale società globale liberista che più di altri è destinato a cedere il passo ai nuovi tempi: l’idea di crescita, indiscriminata, della produzione umana-tecnologica-economica-finanziaria. In questo caso, non potrei fare cosa migliore che cedere la parola alla ricercatrice ed economista Kate Rawort, citando in conclusione al mio articolo quanto da lei affermato in occasione del suo TED Talk dal titolo “Un’economia sana deve essere progettata per fiorire, non per crescere” *:
“So che il mio modo di concepire la crescita è strano, perché crescere è positivo, giusto? Vogliamo che i nostri figli crescano, e se guardiamo al mondo naturale osserviamo che la crescita altro non è che una splendida e salutare sorgente di vita. Si tratta di una fase di vita, ed alcune economie del mondo come quella dell’Etiopia o del Nepal stanno attualmente attraversando quella fase, crescendo a ritmi annui del 7%. Riconsiderando la natura, però, ci rendiamo conto che nulla cresce per sempre, ne’ la foresta Amazzonica ne’ tanto meno il corpo dei nostri figli. Le cose crescono fino a quando maturano, poi la loro crescita fisica si arresta ed è proprio grazie a ciò che possono prosperare a lungo, insieme a tutte le altre”
“Se l’idea di porci dei limiti o dei confini ci appare, per l’appunto, limitante, credo sia meglio considerarla con più cura. In questo mondo, le persone più ingegnose sono infatti proprio quelle che riescono a trasformare un apparente limite nella sorgente della propria creatività. Dalle suonate di Mozart in cinque ottavi, alla chitarra a sei corde di Jimi Hendrix, a Serena Williams in un campo da tennis, sono proprio i limiti fisici ciò che ci consente di esprimere il nostro potenziale. L’economia che sogno io ha la forma di una ciambella, con confini ben definiti sia all’interno che all’esterno che consentano a tutta la nostra umanità di creare, di partecipare, di sentirsi parte, di avere un significato”
* Mia traduzione dall’inglese all’italiano, con adattamenti. Questo invece il link all’intera presentazione