Nuove istituzioni per un nuovo mondo
Di questi tempi sembra che non si parli altro che di crisi climatica. Per fortuna, dopo tanto tempo, questo tema è arrivato in cima all’agenda mediatica globale, e in molti paesi sta diventando una priorità. Il tema è talmente ampio e omnipervasivo da offrire al mondo l’occasione perfetta per rivisitare gli assunti che governano lo sviluppo e la convivenza umana su questa terra.
Il primo e indispensabile passo da compiere è a mio avviso quello di comprendere il perchè la questione ambientale, dopo decenni di consapevolezze e denunce, non sia stata ancora pienamente affrontata e continui a non esserlo. Che cosa non ha funzionato e perché? Che cosa è mancato?
Cercare una risposta equivale al mettere in discussione non solo la filosofia predominante del mondo liberale moderno, ma anche e soprattutto le principali macro-istituzioni in cui essa trova applicazione, ovvero: (1) stato sovrano, (2) democrazia, (3) libero mercato, (4) libera stampa. Per quanto benefici questi istituti siano stati – e da molti punti di vista tuttora siano – il doloroso stato attuale del mondo naturale ci mette forzosamente difronte all’eventualità di doverli perlomeno perfezionare, se non correggere vigorosamente o sostituire con qualcosa di completamente nuovo. E’ infatti dentro la cornice di queste istituzioni che si è creato uno spazio d’azione umana i cui risultati sono dannosi per l’ambiente e quindi anche per gli esseri umani.
Ogni istituzione si regge su un’idea fondante, che a sua volta poggia su assiomi per lo più impliciti. Un’analisi attenta di questi ultimi rivela un loro risvolto complicato:
(1) l’idea-istituzione dello stato sovrano postula che gli interessi degli abitanti di un certo territorio non necessariamente coincidano con quelli del resto del mondo, ma possano piuttosto entrarne in conflitto.
Rifletto: se si istituzionalizza l’idea che gli interessi possano non coincidere, perché mai gli stati nazionali dovrebbero perseguire quelli del mondo intero piuttosto che quelli percepiti come solo propri?
(2) l’idea-istituzione della democrazia postula che i processi decisionali che coinvolgono tutte le parti in causa producano output superiori rispetto ai processi decisionali delegati a un gruppo ristretto.
Rifletto: siamo veramente sicuri che processi massimamente partecipati producano decisioni sempre migliori rispetto a processi a partecipazione più selezionata? Allo stato di maturità politica attuale e in assenza di finalità comune, i processi decisionali collettivi comportano in molti casi tempi molto lunghi, conflitti di interesse, conflitti di opinione non adeguatamente informata, negoziazioni al ribasso.
- l’idea-istituzione del libero mercato postula che gli scambi economici debbano essere quanto più possibile lasciati liberi di accadere, indipendentemente dalla forma o dai modi in cui essi si manifestano.
Rifletto: anche considerato il modus operandi competitivo all’interno dei mercati, perché mai questa libertà totale non dovrebbe tradursi in libertà di anteporre i propri interessi percepiti a quelli effettivi del mondo intero?
- l’idea-istituzione della libera stampa postula che la completa libertà di parola e comunicazione sia intrinsecamente migliore al contenimento di parola e comunicazione.
Rifletto: se è vero che quello che si dice e si mostra pubblicamente ha effetti sulla psiche delle persone e di conseguenza sulla realtà dei fatti del mondo, non dovremmo cercare di contenere le comunicazioni distruttive/negative e al contempo favorire quelle costruttive/positive?
Tutto però ha la sua ragione d’essere e, facendo un passo indietro, occorre a mio avviso comprendere quando e perché le istituzioni in questione abbiano preso forma e vita. A valle delle due guerre mondiali, per esempio, la priorità era quella di superare i fascismi e le contenenere spinte sociali distruttive. La cornice offerta dalle istituzioni moderne/modernizzate ha consentito di incanalare le energie umane in una direzione più costruttiva, cambiando la natura di quelle identità collettive e arene competitive che tutt’ora consentono agli esseri umani e alle loro società di applicarsi agli affari del mondo. La rabbia viene diretta verso altri fini che non siano la guerra; i personalismi, i risentimenti e le paure vengono contenuti in un modo nuovo dentro le nuove istituzioni.
Quando però i percepiti interessi individuali non coincidono con i reali interessi collettivi – quando cioè, mettendo in gioco rabbia e paura, si percepisce una situazione win-lose, piuttosto che win-win - i danni collaterali prima o poi si manifestano. Per quanto bene si possa attuare una configurazione di stati nazione, retti da democrazie e garanti di libero mercato e libera stampa (penso in questo momento ai paesi scandinavi), tale sistema produrrà comunque delle conseguenza non volute impattanti il mondo intero. Per definizione, infatti, il macro ecosistema natural-sociale all’interno del quale operiamo (qualcuno lo chiamerebbe “Gaia”) non è altro che un solo corpo, che non prevede se non in presenza di malattia che:
- gli interessi di un proprio organo possano entrare in conflitto con quelli degli altri.
Mi chiedo: l’idea di stato-nazione è assente in natura?
- i processi decisionali ultimi possano essere presi attraverso ripetute consultazioni tra tutti gli organi, invece che da un organo ad essi dedicato.
Mi chiedo: l’idea di democrazia è assente in natura?
- gli scambi tra i differenti organi siano lasciati liberi di accadere in qualsiasi forma e modo.
Mi chiedo: l’idea di libero mercato è assente in natura?
- la comunicazione tra gli organi possa essere di qualsiasi tipo
Mi chiedo: l’idea di libera comunicazione è assente in natura?
Occorre quindi forse prendere a riferimento un nuovo modello – e io propongo che sia quello naturale – per comprendere come le macro-istituzioni dell’era moderna possano essere perfezionate o reimmaginate. Per quanto possiamo essere giustamente innamorati del senso di identità, partecipazione e libertà che ci consegna il nostro sistema di stati + democrazie + liberi mercati + libere comunicazioni, è forse poco realistico pensare che esso rappresenti la soluzione ottimale per risolvere l’attuale crisi climatica, ovvero climatico-umana-sociale-economica, globale.
Il mondo è uno solo, e al momento necessita di una risposta rapida e compatta: é forse arrivato il momento opportuno per immaginare nuove idee-istituzioni globali rette su un rinnovato senso di fiducia e di delega. Una testa-cuore del mondo che possa tirare fuori il meglio degli esseri umani.