La rivoluzione della sostenibilità (14): oltre l’intelligenza, la semplicità
Uno degli aggettivi inglesi più usati ed abusati di questi tempi è smart (intelligente, sveglio). Seppure spesso questo attributo venga invocato di maniera riduzionista, meccanicista, o alla moda, concordo con gli esperti di economia nell’assegnare molta importanza al fatto che imprese e organizzazioni gestiscano di maniera più intelligente le risorse che hanno a disposizione.
Intelligenza fa rima con efficienza: in qualche modo l’una è la continuazione naturale dell’altra. Si tratta in prima battuta di combattere gli sprechi, rendendo da una parte le aziende più competitive, dall’altra l’intero sistema più sostenibile. I più recenti sviluppi dell’informatica e della sensoristica spalancano le porte alla cosiddetta industria 4.0, ovvero un’industria in cui si raccolgono dati su tutti i processi, per comprenderli meglio e quindi migliorarli. Di questi tempi una moltitudine di società tecnologiche e di consulenza si prodiga per proporre ai propri clienti soluzioni per diventare più smart, creando però più confusione di quanto sarebbe a mio avviso necessario.
Maggiore intelligenza è altresì richiesta a chi si occupa di marketing, per evitare di fare ciò che non è necessario e crea soltanto dissipazione di energie.