La rivoluzione della sostenibilità (9): cosa c’è oltre il capitalismo?
E’ sabato e ho appena finito di leggere un paio di capitoli di “Winning” (Vincere) di Jach Welch. Sì, Jack Welch, l’uomo-emblema di un capitalismo che riesce a sorprendere tanto per la sua capacità di produrre risultati, quanto per la sua spietatezza. Due grandi argomentazioni dell’autore mi colpiscono: la prima riguarda la natura generosa della leadership, che prevede che il leader sia colui la cui gratificazione ultima arriva dal vedere soddisfatti i suoi collaboratori e followers; la seconda tocca invece il tema dell’agire delle imprese, che nel loro orientamento ad uno scopo ben definito sono chiamate a mantenere a bordo solamente le persone completamente allineate a tale scopo.
Le parole di Welch sono cariche di energia ed autenticità: si tratta di elementi di consapevolezza maturati attraverso tanti anni di esperienza “al fronte” in qualità di CEO della General Electric, impegnato sul dettaglio di ogni decisione e di ogni relazione. Welch viene tuttora criticato per uno stile che per quanto genuino è anche rude ed eccessivamente diretto, capace di umiliare persone e aziende. Per Welch il business è un gioco, in cui tutti sono chiamati a vincere, perché vincere, non perdere, è quello che gratifica gli esseri umani. Welch prospera negli ambienti ad alto tasso di testosterone e competizione, ed è campione di darwinismo sociale; crede che sia giusto e doveroso per il bene del mondo che i forti prevalgano sui deboli.
Jack Welch sembra un libro aperto sull’essenza del capitalismo: comprendere le sue riflessioni risulta quindi essenziale, in un momento storico in cui è accesissima la riflessione su quale sistema più evoluto farà seguito al capitalismo stesso. Sarà indispensabile salvare il meglio di quello che è stato, scartando quello che fa danni e non funziona più. L’idea di operare da una posizione di forza, e vincere nella causa che ci sta a cuore, risuona con il mio buon senso, perché ci consente di generare energia ed entusiasmo a servizio di chi beneficia del nostro lavoro. Se noi premiamo noi stessi, valorizzando la nostra unicità e il nostro merito, anche il mondo ci premierà e saremo in grado di creare risultati straordinari.
In ultima istanza, il comunismo è fallito per la sua incapacità di valorizzare il potenziale dei singoli individui.
Il capitalismo, invece, libera la capacità creativa e produttiva degli individui, ma ancora non riesce a non distruggere (“la distruzione creativa” di Schumpeter). Il sistema che verrà non sarà più un gioco a somma zero in cui solo alcuni vinceranno a danno di altri e dell’ambiente, ma un sistema in cui tutti, e il pianeta in primis, vinceranno. Si vincerà solo per gli altri (e per sé stessi), non più contro degli altri (e di sé stessi).
Per arrivare a questo stadio evoluto, è necessaria che evolvano perlomeno due aspetti del mondo:
- il grado di consapevolezza dei singoli e delle organizzazioni, ovvero la loro capacità di comprendere sé stessi e la propria ragione di essere parte della storia, senza egocentrismo;
- il sistema all’interno del quale i singoli e le organizzazioni operano, ovvero le condizioni di contesto che facciano sì che i singoli non possano che puntare a vincere a beneficio di tutti
Sarà necessaria una comprensione ben più ampia dei molti modi in cui le nostre azioni impattano gli altri e il mondo, e di come questi ultimi ci chiedono di “cambiare pelle” nel corso del nostro cammino. Uno dei grandi limiti delle due grandi ideologie economiche tuttora esistenti, ovvero comunismo e capitalismo, è proprio la rigidità e l’auto-referenzialità che esse inducono. Esse non cambiano a partire da mondo che nel frattempo è cambiato intorno a loro, non muoiono per lasciare il posto ad altre idee più adatte ai tempi. Gli esseri umani stessi esitano ad abbandonarle, perché sentono ancora il bisogno delle rassicurazioni che queste forniscono.
Come già sostenuto dalla filosofia organizzativa Teal, le aziende del futuro saranno quindi chiamate non solo a darsi scopi evolutivi, ma anche a rivederli regolarmente alla luce delle mutate condizioni dentro sé stesse e nel mondo in cui si trovano. Dovranno chiedersi: che cosa serve, e a chi, in questo nuova fase? Come possiamo mettere a miglior frutto la nuova consapevolezza acquisita?
Le ricette preconfezionate e calate dall’altro, per tutti e per tutte le stagioni, non troveranno più il senso di esistere. Lasceranno il posto a spinte intelligenti e differenziate in arrivo dal basso, ovvero dalla maturata capacità di lettura dei singoli e delle situazioni. Solo se emergenti, non imposti, gli equilibri diventano evolutivi.
Le sfide da affrontare non mancano, e si tratta di problemi irrisolvibili all’interno del paradigma attuale. Il nuovo sistema economico sarà anzitutto chiamato a riparare i danni creati dai precedenti, prendendosi letteralmente carico di guarirne le ferite. Ferite di cui è carico l’ambiente naturale così come sono cariche le persone, nel corpo, nella mente e nello spirito. Il paradigma della crescita auto-referenziale sarà sostituito da quello della cura etero-diretta. Ciascuna persona sarà chiamata a giocare un ruolo ben più attivo, chiedendosi: qual è l’unicità del mio dono e punto di consapevolezza, e chi ne ha più bisogno? Non si tratta più di forzare il nostro ego sul mondo, ma lasciare che il mondo ci conduca alla scoperta del nostro più alto potenziale.
Immagine: http://www.geo.coop/story/reflections-moving-beyond-capitalism