Giudizio contro comprensione
Giusto una settimana fa scrivevo e pubblicavo un articolo intitolato “Economia contro territorio”. Un articolo che mi costava molta fatica scrivere: sull’onda di un’emozione negativa di risentimento, cercavo di mettere in luce il meccanismo inceppato all’origine dell’attuale rapporto tra attività economiche e politiche locali.
Quell’articolo mi ha lasciato il cuore infranto. Era, in qualche modo, pieno di giudizio e privo di speranza. Lo reputavo necessario: la chiave di lettura in negativo mi aiutava a ricostruire la coerenza dei fatti e a rendere più forte la denuncia. Eppure, mi chiedo, che cosa sia più necessario fare in un’epoca in cui ci sentiamo già tutti sopraffatti da una sovrabbondanza di osservatori critici. Ognuno di loro “scompone” le situazioni a suo modo (analisi), per poi ricomporle più o meno semplicemente o semplicisticamente (sintesi). Si tratta però di persone che, come me, non hanno vissuto in prima persona gli eventi che raccontano, e sono quindi ignari dei sentimenti, dei conflitti, e in definitiva dell’umanità dei protagonisti.
La denuncia sociale ha un ruolo importante: per cambiare in meglio il mondo è necessario renderci chiaramente conto di quello che non va come vorremmo. Allo stesso tempo, però, si tratta però di un atto di arroganza che in qualche modo “inquina” l’ambiente sociale, un’espressione di risentimento destinata, inevitabilmente, a generare ulteriore risentimento. Oltre che sul piano del vissuto personale, i giudizi emessi potrebbero essere deficitari anche sul piano della consapevolezza storica degli eventi: nel giudicare negativamente il Veneto o il mondo globalizzato di oggi, io stesso dimostro di non comprendere appieno il loro percorso di evoluzione storica.
L’uomo non è fatto per vivere di soli giudizi, necessitiamo e meritiamo piena comprensione.
Comprendere significa “fare proprio”: solo la comprensione può spianarci la strada verso la capacità di amare noi stessi e il mondo, nonostante tutto. Ogni qualvolta rigettiamo qualcosa giudicandola negativamente non solo creiamo una ferita dentro di noi, ma stabiliamo un legame ancora più profondo con essa. Risulta invece straordinario il nostro bisogno di amare ed esseri amati, sentendoci parte integrante del tutto, qualsiasi esso sia.
Siamo veramente tutti nella stessa barca, e abbiamo bisogno di comprenderla ed amarla in ogni sua componente.
Penso agli scritti del maestro buddista Thich Nhat Hanh, e all’attenzione risposta dalle filosofie orientali verso il sentire olistico dell’uomo e la riconciliazione delle contraddizioni.
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