L’importanza delle vacanze
Come ogni anno parto per le vacanze, e mi sembra di non averne bisogno.
Il lavoro mi piace, i lunghi weekend fuori città mi consentono comunque di vivere l’estate, i progetti in cantiere continuano a offrirmi nuovi stimoli. Eppure, senza saperlo, ne ho molto bisogno.
Mi serve qualche giorno in Sardegna per rendermi conto di quanto stessi correndo prima. Di quanto fossi indaffarato, tra lavoro e famiglia, nonostante qualche intermittente stacco tra Giugno e Ferragosto. In realtà, la spina non l’avevo mai interamente staccata, il treno in corsa non aveva mai avuto sufficientemente tempo per fermarsi. Gli schemi di azione e di pensiero continuavano a essere gli stessi, guidati dalla mia predisposizione a ottimizzare tempo e risorse per riuscire a fare più cose possibile.
A fermarsi davvero, invece, tutto cambia. Superata una temporanea impressione di noia e improduttività, ci riappropriamo finalmente del tempo per noi. La dimensione del fare cede il passo a quella del vivere, e assecondando ritmi più naturali riusciamo a riacquisire una giusta prospettiva sulle cose. Sembra infatti che le esigenze pratiche e le routine della vita quotidiana ci incanalino in un binario in cui adottiamo un comportamento strumentale. Più siamo impegnati più adottiamo un “pilota automatico” che ci consente di correre sulla superficie del mondo, senza che ci si presenti l’opportunità di entrarci in una relazione più profonda. Dopo pochi giorni in Sardegna, mi sorprende trovarmi coinvolto in due rare chiacchierate “dolci”, prima con mia moglie, poi con mio figlio, momenti di autentica intimità e ascolto che non possono essere pianificati ma che magicamente emergono quando tutti noi ci sentiamo veramente bene. Assieme al tono di voce cambia anche la qualità della relazione, e riusciamo a vedere nell’altro una ricchezza che prima potevamo solo intuire. I pregiudizi imposti dalle percezioni di ruolo e dal pilota automatico vengono piano piano a perdere il loro senso…
Passano i giorni in Sardegna, e le idee mi si chiariscono anche relativamente al lavoro. Emerge nitidamente la consapevolezza della quantità di cose diverse in cui mi sto spendendo, in ufficio così come a casa, senza che ci sia mai il tempo di ammirare il quadro d’insieme, per quello che è, nella sua straordinarietà così come nella sua ordinarietà.
Ora ci vedo più chiaro e grazie a questa nitidezza aggiusto il tiro agli obiettivi e alle situazioni del momento, correggo o prendo decisioni importanti, lascio emergere naturalmente nuove idee e nuove sintesi. Come il silenzio della meditazione, le vacanze ci aiutano a entrare in contatto con i nostri bisogni e desideri più autentici. Aprendoci al mondo, ammorbidiamo le rigidità e ampliamo le prospettive, guadagnando in tolleranza e in creatività.
Eppure, non ci è sempre chiaro in che modo le vacanze possono esserci di aiuto.
Le stesse ragioni che ci fanno amare le vacanze potrebbero farcele temere, visto che potremmo sentirci disorientati o in colpa per il vuoto di attività, così come detronizzati dal nostro abituale ruolo sociale. Per la prima volta quest’anno io e la mia famiglia abbiamo soggiornato qualche giorno in un villaggio turistico, per consentirci più riposo a pochi mesi dall’arrivo della piccola Elena. E’ stata un’esperienza nell’esperienza, facendomi tra altre cose capire come per alcune persone la vacanza rappresenti una sorta di (legittima) fuga dalla realtà quotidiana, piuttosto che un importante momento per riguadagnare prospettiva. In molti sembravano essere arrivati al villaggio per lasciarsi intrattenere, dalla mattina alla sera, in qualche genere di attività puramente ludica organizzata dai giovani animatori, forse per dimenticare più che per costruire. Affidando in toto i propri figli al miniclub, invece che provare a relazionarsi più autenticamente con loro, se non a imparare da loro.
Ora sono nuovamente qui, in ufficio, rientrato con rinnovato vigore dalla vacanza in Sardegna.
Nuovamente qui, con i miei pochi colleghi, e siamo tutti d’accordo nel definire la moderna vita quotidiana “un frullatore” da cui è importante, quando possibile, uscire. Ci vorrebbero più vacanze, molte di più: riuscite a immaginare un mondo in cui a fronte di due mesi di lavoro le persone si prendono un mese di pausa?
Io ci riesco, e vedo un mondo migliore. Un mondo in cui lavoreremo meno e lavoreremo tutti. Un mondo in cui finalmente la tecnologia ci restituirà ciò per cui l’abbiamo inventata, un tempo per noi stessi e per quello che più ci sta più a cuore, invece che disoccupazione. Un mondo in cui invece di sentirci tutti in colpa per non fare mai abbastanza, ognuno di noi si impegnasse nella scoperta della propria giusta misura.
Immagine: ©mondovacanza.net