Tutto il bello dell’Italia
E’ un venerdi’ pomeriggio di giugno quando le ruote del nostro aereo riaccarezzano la pista del Marco Polo di Venezia. Il nuovo terminal a torrette di mattoni a vista con cupola verde consegna un sapore arabeggiante al nostro arrivo. L’Italia e’ momentaneamente un posto esotico per noi: dopo tre mesi di Boston, i pavimenti di parquet smaltato e il nastro delle valigie con i numeri della roulette non tardano a ricordarci che un aeroporto puo’ essere anche un luogo bello e fantasioso, oltre che funzionale.
Si aprono le porte automatiche e immediatamente il caldo estivo mediterraneo ci avvolge in un abbraccio famigliare. Il sole ci abbaglia, qualche cicala ci chiama dall’ombra di un pino marittimo, l’umidita’ padana la odori nell’aria. La nostra Punto mi sembra una meraviglia del design: sofisticata e giovanile nelle forme, leggera nel suo colore chiaro metallizzato. Le persone sono magre, abbronzate, vestite elegantemente e sorridenti. Belle da vedere. Scherzano tra di loro e parlano una lingua dolce, l’italiano, con varianti ancora piu’ dolci, quelle del dialetto veneto. Benvenuti. Non Welcome Back.
In viaggio verso casa, le villette scorrono una dietro l’altra, allineate con fantasia, con recinzioni ritagliate creativamente per separare il proprio giardinetto da quello del vicino. Nelle laterali e difronte ai “bar” piccoli crocchi di persone sembrano discutere animatamente: intravvedo sorrisi sulla bocca. La maggior parte di palazzi e abitazioni risplende di colori forti: terra di siena, giallo, arancio, rosa e verde ti accendono la vista in tutte le direzioni. Il verde brillante dei campi di mais tiene insieme il paesaggio. L’ingresso in casa porta con se’ la frescura del pavimento in marmo. Lo sbattere dei piatti, le sigle dei telegiornali e le scroscianti chiaccherate dei vicini in terrazzo sono la colonna sonora di questa nostra prima serata italiana.
Il giorno dopo usciamo per incamminarci verso il centro pedonale di Padova.
Passeggiare sul selciato e sotto un porticato medievale fa un certo che. Varcato l’arco di porta Altinate, il tripudio. Veniamo inghiottiti da una folla festosa che si muove in tutte le direzioni: chi con i sacchetti in mano, chi a manina con i bambini, chi abbracciato al fidanzato, chi piantato in mezzo alla via a chiaccherare, chi con un bicchiere in mano dal vicino bar, chi in un angolo a suonare, chi di corsa a zig-zag, chi affacciato al balcone, chi vociferante al telefonino, chi seduto a un tavolino. Gli sguardi sono intensi, i modi sofisticati e sensuali. Il mood della folla quanto mai vivace e caldo. Sentiamo la gioia di vivere. Vediamo la gioia di vivere.
E insieme, percepiamo il nostro senso di estraneazione e alienazione, abituati a ben altro negli USA: quanti sguardi assenti e distaccati, quanta crudezza nel vestire e nei modi, quanta fretta e auricolari nelle orecchie, quanta solitudine. Mi sono temporaneamente dimenticato dei problemi dell’Italia e mi domando: come e’ possibile che questo popolo, che ha cosi’ tanto, sia anche tanto insoddisfatto della propria condizione? Che la propensione alla gioia di vivere e alla bellezza non siano abbastanza? Di che cosa potranno lamentarsi tanto? Non bastano le alpi, la pianura, i laghi, le colline, le citta’ d’arte, il mediterraneo, il sole, il sorriso, la buona cucina?
Forse l’attitudine al lamentarsi di tutto e’ proprio il giusto “contrappasso” per tenere il sistema in equilibrio. Forse e’ il complesso di inferiorita’ che ci portiamo dietro verso i paesi piu’ moderni. Forse sono lo scarso senso civico e la cultura “mafiosa”, in tutte le loro sfumature, che non ci fanno sentire a posto con noi stessi. Forse e’ giusto cosi’, ma vale la pena ricordarsi spesso di tutto il bello dell’Italia. Il mondo di oggi ha un grande bisogno anche di noi.