Umanisti contro tecnici
Sentivo che la mia formazione “qualitativa”, fondata sulla narrazione, andava completata con quella “quantitativa”, fondata sull’osservazione dei fatti. Basta parlare di punti di vista ma di piuttosto di assunzioni. Stop all’estetica e alla ricercatezza nel linguaggio, via libera alla precisione e all’univocita’ dei significati. Basta occuparsi del “rapporto tra l’utilizzo di tecnologie mobili e sostenibilita’ ambientale”, ma piuttosto il tema del PhD diventa “misurazione dell’impatto dell’uso di telefoni cellulari e laptop sul comportamento umano di mobilita’”. Imparo quello di cui sono alla ricerca, con soddisfazione.
Non c’e’ bisogno di porsi domande, se questo e’ il modo in cui le cose funzionano: il perche’ e’ sotteso nella catena degli eventi. A volte ho l’impressione che se a un tecnico chiedessi “perche’ tutto questo succede?” potrebbe rispondermi “perche’ e’ cosi’”.
Quello che mi sembra manchi a molti tecnici rispetto agli umanisti, e’ l’abitudine a chiedersi il perche’ si faccia quello che si fa e dove si voglia veramente arrivare, a volte non distinguendo l’essenza dal dettaglio e finanche il bene dal male. Se gli umanisti si chiedono “quale societa’ vogliamo costruire?”, i tecnici sposano la stessa filosofia che ci propone la Nike: “Just do it!” (semplicemente, costruiscila!). Per molti tecnocrati e economisti che governano il mondo, va sempre bene cosi’. Probabilmente, invece di chiedersi se fosse giusto o sbagliato quello che facevano, molti finanzieri artefici della recente bolla speculativa si crogiolavano dei propri metodi sempre piu’ avanzati di ingegneria finanziaria. I soldi che arrivavano non facevano altro che confermarne la bonta’, piuttosto che sollevare dubbi morali.
Senza i giusti fini prendiamo la strada sbagliata, ma senza il giusto metodo facciamo ben pochi passi. Una ragione in piu’ per considerare fondamentale l’interdisciplinarieta’, che pero’ dovrebbe essere prima di tutto interdisciplinarieta’ personale, relativa alla formazione di una stessa persona. Potrebbe non bastare mettere insieme persone di discipline diverse, per il rischio che gli umanisti si alleino con gli umanisti e i tecnici con i tecnici.
Speriamo che nel futuro agli umanisti e ai tecnici si affianchi anche chi li possa far comunicare.